//Gestione del Feedback in azienda: consigli utili e comportamenti da evitare

Ripensando alla vostra esperienza personale quali feed-back vi sono stati utili e perché?

Il feedback è un dono.

L’obiettivo del feedback è quello di far crescere chi lo riceve, supportare il lavoro di dipendenti e collaboratori, migliorare l’apprendimento e sviluppare le competenze dei singoli per raggiungere gli obiettivi aziendali.

Eppure non sempre ha l’effetto desiderato.

Le ricerche riportate in questo articolo dell’HBR rivelano come il feedback peggiori le performance nel 38% dei casi.

Che sia positivo o negativo poco importa, il momento del feedback, se mal gestito, può ritorcersi contro come un boomerang.

Immaginiamo un feedback dato dal proprio capo: può essere vissuto come un giudizio sulla persona e non sul comportamento professionale. La reazione istintiva sarà quella di innalzare i propri meccanismi di difesa innescando situazioni conflittuali o reazioni passivo aggressive che minano al clima aziendale.

Il feedback è un dono.. da maneggiare con cura.

Dare un feedback efficace non è scontato, anzi è faticoso. Bisogna saper gestire la parte emozionale, restare sui comportamenti evitando i giudizi, metterlo in relazione ad un obiettivo aziendale specifico, misurabile e delimitato nel tempo. Ma soprattutto richiede capacità di ascoltare e di fare domande.

In questo articolo ci concentriamo sul saper ascoltare e domandare.

Perché?

Durante i nostri corsi sulla leadership abbiamo notato che i manager nel simulare il colloquio di feedback si concentrino su ciò che vogliono dire, senza lasciare spazio all’interlocutore.

Porre domande durante il feedback sposta la comunicazione da unidirezionale a bidirezionale, trasformando l’interlocutore da passivo a partecipante attivo.

Ma non basta fare domande, bisogna saper ascoltare le risposte!

Facciamo un esempio: se stai parlando ad una persona e questa ti interrompe per dirti la sua opinione, qual è la tua reazione?

Probabilmente di sfiducia, penserai di non esser stato ascoltato e per questo, vorrai ancor di più rafforzare il tuo punto di vista, sminuendo l’altro. La conversazione prenderà una piega decisamente poco produttiva.

Come dice Chuck Palahniuk: la gente non ascolta, aspetta solo il suo turno per parlare.

Saper ascoltare è un’arte.

L’ascolto ha bisogno di: nessuna distrazione (per esempio persone che interrompono, luoghi rumorosi), nessuno schermo (pc, telefoni, messaggi) e nessuna “fretta” (atteggiamento impaziente, ansia per una riunione o per altri compiti da fare a breve).

È attraverso l’ascolto che si crea la fiducia necessaria per poter dare un feedback. Una persona che si sente considerata sarà più predisposta a cogliere il feedback in modo costruttivo.

Infatti, i risultati riportati in questo articolo suggeriscono che l’ascolto renda un dipendente più rilassato, più consapevole dei suoi punti di forza e di debolezza, e maggiormente disposto a riflettere in modo non difensivo. Questo può rendere i dipendenti più propensi a considerare altri punti di vista, senza sentire la necessità di persuadere l’altro.

L’ascolto però ha i suoi nemici.

I risultati supportano l’ipotesi che i manager che ascoltano attentamente vengano percepiti come leader, perché in grado di generare più fiducia, instillando maggiore soddisfazione sul lavoro e aumentando la creatività del loro team. Eppure, se ascoltare è così utile per i dipendenti e per le organizzazioni, perché non è un aspetto prevalente nel mondo del lavoro? Perché la maggior parte dei dipendenti non viene ascoltata nel modo in cui desidera?

  1. Perdita di potere. Ascoltare è ritenuta come forma di debolezza. Sembra che i manager debbano trovare un compromesso tra il raggiungimento dello status basato sull’intimidazione e quello basato sull’ammirazione.
  2. L’ascolto consuma tempo e fatica. In molti casi, i manager ascoltano gli impiegati sotto la pressione del tempo o mentre sono distratti da altri pensieri o lavoro. L’ascolto è un investimento: i manager devono mettere in conto uno spazio all’interno del feedback per ascoltare.
  3. Paura del cambiamento. L’ascolto di alta qualità può essere rischioso perché implica entrare nella prospettiva di chi parla, senza cercare di esprimere giudizi. Questo processo potrebbe potenzialmente modificare le attitudini e le percezioni dell’ascoltatore. Abbiamo osservato più volte che quando istruivamo i manager ad ascoltare sinceramente, acquisivano informazioni cruciali sui loro dipendenti – erano sbalorditi nel rendersi conto di quanto poco sapessero della vita delle persone con cui avevano lavorato per molti anni.

Suggerimenti per diventare un ascoltatore migliore

L’ascolto funziona (metaforicamente) come un muscolo. Richiede allenamento, perseveranza, impegno e, soprattutto, l’intenzione di diventare un buon ascoltatore. Richiede di liberare la mente da rumori interni ed esterni e, se ciò non è possibile, rimanda la conversazione per quando puoi veramente ascoltare senza essere distratto.

Ecco alcune best practice:

Metti da parte lo smartphone, l’iPad o il laptop e guarda il tuo interlocutore, anche se lui non ti guarda. Il contatto visivo costante fa percepire a chi parla che stai ascoltando.

Non interrompere. Resisti alla tentazione di interrompere chi sta parlando prima che abbia finito.

Non giudicare o valutare. Ascolta senza saltare alle conclusioni e senza interpretare ciò che senti. Se noti che hai perso il filo della conversazione a causa dei tuoi giudizi, chiedi scusa dicendo che ti sei distratto e se può ripetere. Non fingere di ascoltare.

Non imporre le tue soluzioni. Il ruolo dell’ascoltatore è quello di aiutare chi parla ad elaborare autonomamente una soluzione. Pertanto, quando si ascolta un collega o un dipendente, astieniti dal suggerire soluzioni. Se credi di avere una buona soluzione e senti il bisogno di condividerla, usa una domanda, ad esempio “Mi chiedo che cosa potrebbe succedere se scegliessi di fare X?”

Fai domande(sensate). Chi ascolta plasma le conversazioni facendo domande. Fai domande che aiutino l’interlocutore ad approfondire i propri pensieri ed esperienze.

Prima di fare una domanda, chiediti: “questa domanda serve all’interlocutore o soddisfa la mia curiosità?” Naturalmente c’è spazio per entrambi, ma un buon ascoltatore dà la priorità ai bisogni dell’altro. Una delle migliori domande che puoi porre è: “C’è qualcos’altro?” Questo spesso rivela informazioni nuove e nuove opportunità.

Rifletti. Quando finisci una conversazione, rifletti sulla qualità del tuo ascolto e pensa se ci sono stati momenti in cui hai ignorato potenziali piste da seguire o momenti in cui sei rimasto in silenzio invece che porre domande.

 

Articolo a cura di Chiara Amerighi

 

2018-09-04T19:36:49+00:00 By |0 Commenti