//Come lavorare con persone non consapevoli di sé stesse

Come lavorare con le persone non consapevoli di sé stesse

Essere consapevoli di chi siamo e di come siamo visti dall’esterno è una capacità importante nel mondo del lavoro: ci consente di valutare in modo cosciente ed oggettivo le nostre performance, i nostri progressi di carriera e di crescere come persone di riferimento o leader di successo.

L’Harvard Business Review per 5 anni ha condotto una ricerca sul tema, scoprendo che – nonostante il 95% delle persone coinvolte ritenga di essere consapevole di sé stesse – solo il 15% lo è davvero.

Ma chi sono gli “inconsapevoli”?

Sono coloro che – anche se dotati di un’innegabile intelligenza, di qualifiche ed una serie di successi importanti – dimostrano una parziale o totale incoscienza di come sono percepiti dall’esterno.

Nella ricerca di HBR, su un ragguardevole campione di persone, il 99% ha dichiarato di lavorare con almeno una persona poco consapevole e più della metà dice che, nel proprio ambiente di lavoro, ce ne sono almeno 4.

Perché parliamo di loro?

I colleghi in questione non hanno le cosiddette capacità metacognitive: non hanno consapevolezza dei propri comportamenti e dei propri processi cognitivi; per farla semplice: non sono in grado di riconoscere e mettere in discussione i propri comportamenti e comprendere le reazioni che provocano negli altri. Questa loro incapacità influenza in modo importante chi gli sta intorno. Possono ad esempio limitare le possibilità di successo del team e lavorare insieme potrebbe essere vissuto come fonte di stress. Queste persone possono essere demotivanti, tanto da convincerci a lasciare il posto di lavoro, pur di starne lontano.

Quindi, cosa possiamo fare in questa situazione?

È possibile aiutare queste persone a vedere sé stesse in modo più chiaro? E se non possiamo farlo, cosa possiamo minimizzare il danno che potrebbero causare ai nostri successi o alla nostra felicità? Quando abbiamo un problema con qualcuno a lavoro, il primo passo è riconoscere se il nostro collega fa parte o no degli inconsapevoli:

Per il riconoscimento, HBR ha identificato dei comportamenti tipo:

  • Non ascolta o non accetta critiche o feedback negativi
  • Non riesce ad empatizzare, o assumere la prospettiva d’altri.
  • Ha difficoltà nel “leggere il contesto” ed adattare il suo messaggio in base all’interlocutore ed al contesto
  • Possiede un’immagine esasperata/ingigantite delle proprie performance e contributi
  • Diventa offensivo senza accorgersene
  • Si prende il merito per i successi e tende ad incolpare gli altri in caso di fallimento.

In molti casi, i conflitti interpersonali possono derivare da priorità diverse, stili di comunicazione incompatibili o mancanza di fiducia reciproca.

Per determinare se davvero ci stiamo rapportando con una persona inconsapevole, chiediamo il punto di vista dei collaboratori. Se ci si trova in una situazione di conflitto o di tensione, di solito, non è solo una propria impressione, anche gli altri avranno notato alcuni comportamenti e potranno confermare o meno tale ipotesi.

Ci sono – d’altra parte – persone che sanno esattamente quello che stanno facendo o come si stanno comportando, ma non hanno intenzione di cambiare.

È esemplificativo il caso di un manager con una cattiva reputazione, perché mortificava chi prendeva una posizione critica o semplicemente diversa dalla sua. Parlando del suo comportamento, commentava “lo strumento migliore per gestire un team è la paura. Se hanno paura di te, faranno bene il loro lavoro. (Senza grandi sorprese, il suo superiore non la pensava allo stesso modo e lo licenziò qualche mese dopo l’incontro).

Questa persona non è di certo inconsapevole, semplicemente ignorante delle più semplici regole del management.

La grande differenza tra gli inconsapevoli e coloro che si rendono conto, ma non hanno intenzione di cambiare, sono proprio le intenzioni:

  • i primi genuinamente vogliono essere collaborativi ed efficaci, ma non sanno di non esserne in grado

  • i secondi riconoscono il proprio comportamento (es. certo, sono pressante con il mio cliente, è l’unico modo per farlo comprare!) ma non si rendono conto di come appaiono dall’esterno (l’incontro con il cliente è andato molto bene!)

Entrambi sono – in modo diverso – inconsapevoli: o di sé o della propria percezione.

Come aiutare l’inconsapevole?

  1. Prima di tutto: vuole essere davvero aiutato? È stato mai visto chiedere un punto di vista diverso dal suo o ringraziare per un feedback “negativo”? Questo aiuterebbe a capire se è possibile soccorrerlo per diventare un po’ più consapevole.
  2. Se crediamo che possa essere aiutato, verifichiamo di essere la persona giusta per farlo. Infatti, le probabilità di successo sembrano basse. La ricerca HBR ha scoperto che solo il 31% del 70% delle persone che hanno tentato di aiutare un collega inconsapevole, ha avuto successo. E tra coloro che hanno deciso di non aiutare, solo il 21% rimpiangeva la sua scelta. Essere la persona giusta non significa semplicemente dare feedback positivi e gentili, questa è solo una parte della strada da percorrere. Per accettare un feedback negativo, è necessario che chi lo riceve pensi davvero che chi esercita il feedback abbia veramente a cuore i suoi interessi. Ci deve essere fiducia: Quando c’è fiducia, l’altra persona si sentirà molto più a suo agio nel dimostrarsi “vulnerabile”, un prerequisito necessario per accettare di conoscere il proprio comportamento. Inoltre, la fiducia fa sì che il feedback venga colto come un supporto per aiutare a fare di meglio, senza leggere tra le righe frecciatine o secondi fini.
  3. Ma oltre alla fiducia c’è un importante fattore da tenere in considerazione: il ruolo che si ricopre. Per esempio, un capo inconsapevole influenza particolarmente il rendimento dei suoi dipendenti, sulla loro soddisfazione, sul loro andamento. Cercare di aiutare il capo a riflettere sui propri comportamenti può sembrare più rischioso per la paura di essere licenziati o screditati per esempio. Il rischio è solitamente minore tra pari o con persone di grado più basso (in effetti fa proprio parte del lavoro di un capo aiutare anche sotto questo punto di vista).Risultati immagini per feedback

Se riteniamo che la persona voglia essere aiutata e pensiamo di essere la persona giusta, nel giusto ruolo, ecco 3 pratiche particolarmente utili per dare dei feedback di qualità e di valore per chi li riceve.

  1. parliamo con il collega di persona (dare dei feedback via mail ha un successo del 33%)
  2. dimostriamo pazienza ed aspettiamo il momento giusto. Per farlo uscire dalla situazione di inconsapevolezza, spesso è utile aspettare che parli di situazioni conflittuali riconducibili al problema dell’inconsapevolezza. A quel punto chiediamo di poter fare un’osservazione utile per la sua crescita (evitando la parola feedback che potrebbe innalzare un meccanismo di difesa).
  3. se l’inconsapevole si trova d’accordo con l’osservazione, focalizziamoci sui comportamenti oggettivi osservati (che abbiamo appuntato allo scopo nei dettagli e con il corredo di dati e fatti a supporto sulle conseguenze di tali comportamenti) e di come alcuni atteggiamenti stanno limitando le sue probabilità di successo. Finiamo la conversazione riconfermando il nostro supporto e chiedendo come possiamo essere utili.Risultati immagini per feedback

Purtroppo, non sempre le cose cambiano. Cosa fare in questo caso?

  1. Anche se non possiamo cambiare il loro comportamento, possiamo comunque ridurne l’impatto che hanno su di noi. Riformuliamo nella mente il suo comportamento: gli esercizi di mindfulness potrebbero essere una pratica utile per gestire, almeno internamente, la relazione con il collega “inconsapevole”.
  2. Razionalizziamo cosa si sta provando: questo permette di riformulare la situazione e migliorare la resilienza.
  3. Se proprio non c’è niente da fare e il comportamento è veramente irritante e fastidioso, immaginiamo una risata finta in sottofondo. Si, una di quelle risate che si sentono continuamente nelle sitcom. Aggiungendo la risata, un commento irritante si trasforma in una battuta, riducendo così il risentimento.

Ricordiamoci:

  • Anche loro sono umani. Se ce lo ricordiamo, ci renderemo conto che i loro comportamenti sono un sintomo di disagio/difficoltà, così possiamo passare ad un atteggiamento mentale compassionevole e privo di giudizio.
  • Ragioniamo nel lungo termine: il fatto che non voglia cambiare adesso, non significa che non possa volerlo in futuro.
  • Anche se ci vuole coraggio, impegno ed umiltà, migliorare è possibile. E se gli altri non vogliono lavorare sulla propria consapevolezza, noi possiamo migliorare la nostra. A fine giornata forse è qui che la nostra energia è meglio spesa.Immagine correlata

Come la formazione esterna può intervenire?

La formazione può assumere un ruolo strategico e risolvere alcuni dei problemi evidenziati nella ricerca HBR.

  1. La presenza del formatore, esterno alle relazioni di ufficio alle dinamiche interne, modera il problema della “disparità di ruoli” e attenua le resistenze sul piano della fiducia (il feedback del formatore esterno difficilmente ha un terzo fine). Ad ogni inizio aula, il formatore stabilisce un clima di fiducia con i partecipanti, proprio per questo ha sviluppato, tramite la sua professionalità, categorie e strumenti consolidati.
  2. La formazione permette ai colleghi di uscire dalle solite dinamiche interpersonali per focalizzarsi e confrontarsi con alcuni problemi e situazioni che non hanno la possibilità di elaborare durante le attività lavorative, giustamente presi da scadenze, obiettivi mensili ecc.
  3. Molti seminari consentono di apprendere tecniche per la gestione dei feedback (basti pensare alla gestione dei role play a gruppi di tre con briefing dedicati agli osservatori caratteristico di Choralia), strumenti per riconoscere i comportamenti e capire come relazionarsi, permettendo alle persone più consapevoli di supportare i colleghi meno coscienti per riflettere ed iniziare a ragionare sui comportamenti, senza sentirsi sotto attacco.

Alcuni strumenti utili per aiutare le persone inconsapevoli:

  1. Tecniche di coaching, gestione del Feedback e tecnica dell’ascolto attivo come modalità per rendere consapevole l’altro dei propri comportamenti e delle reazioni che questi hanno sugli altri.
  2. Lavoro sugli stili sociali: riconoscimento dei comportamenti e flessibilità, sviluppo della consapevolezza di sé e apprendimento.
  3. Learning Agility per i manager.
  4. Mindfulness per gestire lo stress e la tensione che si crea con il collega inconsapevole.

Articolo a Cura di Chiara Amerighi e Claudio Zamagni

2019-04-16T12:04:26+00:00 By |0 Commenti