/, Intelligenza Relazionale/Multitasking: un mito da sfatare

Multitasking

Chiunque al volante sia in grado di mantenere una guida sicura mentre bacia una bella ragazza non dedica

al bacio l’attenzione che merita” avrebbe dichiarato Albert Einstein, secondo un articolo pubblicato sulla

rivista Mente & Cervello.

L’articolo, scritto da Roberto Esposito,  affronta il tema del multitasking, così necessario al giorno d’oggi, per dimostrare

però che non sempre il multitasking è possibile per la stragrande maggioranza delle persone. Solo alcuni di noi sarebbero dei

veri e propri multitasker, ma sono talmente pochi che rappresentano un’eccezione difficile da emulare.

Il multitasking quindi è un mito irraggiungibile per molti e tantissimi studi dimostrano che seguire più

attività contemporaneamente e frequentemente porta a prestazioni peggiori.

La prima scoperta che l’attenzione umana è limitata è avvenuta nel campo dell’aviazione militare quando ci

si è accorti che, con il moltiplicarsi delle informazioni che il pilota doveva elaborare e dei compiti che

doveva svolgere, aumentava il numero degli incidenti arerei non dovuti a guasti meccanici.

Lo studio di questi fenomeni ha portato a scoprire che la nostra capacità di attenzione è limitata: dedicare

particolare attenzione a un compito significa necessariamente ridurre la nostra attenzione su altre attività

perché l’attenzione amplifica alcuni segnali e ne sopprime altri, due processi noti come facilitazione e

inibizione.

Guidare mentre si scrivono messaggi al cellulare o si parla al telefono, come è purtroppo dimostrato dal

numero di incidenti sulle nostre strade, peggiora le nostre prestazioni sia nella guida che nella

comunicazione dei messaggi.

Numerosissimi esperimenti hanno dimostrato che chi risponde al cellulare mentre guida ha reazioni più

lente, maggiore difficoltà a mantenere la corsia di marcia e le distanze di sicurezza, passa più spesso con il

semaforo rosso e trascura importanti dettagli sul traffico. Altri studi effettuati con simulatori di guida

mentre si registravano i movimenti oculari dei guidatori hanno evidenziato che chi guida parlando al

cellulare non si accorge di informazioni importanti e non si ricorda di averle viste.

I risultati parlano chiaro: quando cerchiamo di fare più cose contemporaneamente il nostro rendimento

peggiora in modo drastico.

E la cosa più sorprendente è che, chi si dichiara abile nel multitasking, sembra pregiudicare le proprie

abilità. A queste conclusioni sono giunti alcuni esperimenti effettuati alla Stanford University sull’efficacia

del multitasking nel risolvere compiti piuttosto semplici.

In uno di questi esperimenti un gruppo di studenti doveva alternativamente etichettare come pari o dispari

e consonanti o vocali una serie di numeri e lettere che apparivano alternativamente su uno schermo. Chi si

era dichiarato abile nel multitasking prima dell’esperimento impiegava più tempo nella classificazione.

In un altro esperimento i volontari dovevano memorizzare una lista di oggetti, tenerli a mente e

simultaneamente risolvere alcuni problemi matematici. I risultati anche in questo caso hanno confermato

che chi si era dichiarato abile nel multitasking aveva una memoria di lavoro peggiore, era più impulsivo e

incline a comportamenti a rischio e stimava la propria abilità nel multitasking superiore alla media.

Può darsi che chi si dichiara abile nel multitasking sia spinto dalla voglia di dedicare più tempo alle attività

che producono più soddisfazione e che abbia bisogno di stimoli continui, ma è dimostrato che cercare di

agire in multitasking porta a un declino cognitivo.

In un altro esperimento veniva chiesto a due gruppi di svolgere una serie di compiti di diversa natura e

difficoltà. Al primo gruppo veniva chiesto di farlo in maniera sequenziale, uno dopo l’altro, mentre al

secondo gruppo veniva chiesto di farlo simultaneamente. I risultati sia in termini di prestazioni ottenute, sia

di tempo impiegato, sia di soddisfazione personale sono stati nettamente superiori per il primo gruppo.

Esistono sicuramente delle eccezioni, ma le ricerche fatte alla Stanford University indicano che la loro

percentuale sul totale degli esaminati è del 2,5%!

E se io non sono tra questi fortunati multitasker? Devo abbandonare l’idea di agire in multitasking? E se il

multitasking è una necessità del tipo di lavoro che faccio?

Per fortuna esistono dei trucchi per migliorare le proprie prestazioni in queste condizioni.

  • Fissare dei limiti e degli spazi temporali per le nostre attività. Ad esempio per la lettura delle mail

20 minuti per 2 o 3 volte al giorno, chiudendo poi la posta elettronica.

  • Definire una lista di attività, dedicarsi a una sola alla volta, spuntarla quando l’abbiamo terminata e

premiarsi con una pausa o caffè appena conclusa.

  • Riconfigurare il proprio spazio di lavoro. Ad esempio chiudendo il pc quando parliamo al telefono,

tendendo aperto un solo documento alla volta, spegnendo il telefono quando siamo in un

colloquio.

  • Stare attenti alle interferenze, come ad esempio la musica in sottofondo o ascoltare le

conversazioni altrui.

La pratica nel multitasking può sicuramente aiutare perché l’allenamento può portare a rendere quasi

automatiche alcune azioni ripetitive, come ad esempio battere sulla tastiera, liberando una parte della

nostra attenzione e permettendoci di concentrarci su sfumature o aspetti più importanti, ma l’esercizio,

come ha osservato il neuroscienziato Renè Marois, non prepara ad affrontare eventi inattesi. Migliorare

l’abilità di scrivere pedalando sulla cyclette non aiuta a pubblicare nuovi aggiornamenti su Linkedin

ascoltando la lezione in classe.

La conclusione e il suggerimento, secondo alcuni docenti della Stanford University è che puoi essere un

eccellente multitasker in alcuni compiti, ma non significa che sei il migliore in tutto.

Meglio imparare a concentrarsi su una cosa alla volta!

2017-11-20T11:26:34+00:00 By |0 Comments

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