/, Giochi per il Business/Business Simulation: una storia d’aula

Business Simulation GruppoLe business simulation sono uno degli esempi più noti di elementi di gioco nella formazione, una pratica di grande efficacia riconosciuta a livello scientifico: le ricerche (Randel, Josephine M., et al. “The effectiveness of games for educational purposes: A review of recent research.” Simulation & gaming 23.3 (1992): 261-276.) citate nel nostro precedente articolo lo dimostrano. Choralia fa uso di business simulation nella maggior parte dei percorsi di apprendimento: che si parli di tecniche di vendita, di cash flow o di gestione delle risorse, costruiamo, oppure utilizziamo, business simulation che guidano i partecipanti a fare un’esperienza diretta del tema oggetto di apprendimento.

A livello teorico e metodologico, i presupposti (ed i risultati!) ci sono, come mostrato nel primo articolo di questa serie dedicata alla gamification ed all’uso di tecniche ludiche di formazione.

Una Business Simulation è un’attività di gioco che replica in modo simulato una situazione di business reale

Klas Mellander, esperto di apprendimento degli adulti e fondatore di Celemi, nonché una delle persone più brillanti che abbia mai avuto la gioia di conoscere, ha descritto il principio di fondo delle Business Simulation con una frase che ha ispirato Choralia fin dalla fondazione:

Noi non possiamo assorbire le conoscenze altrui; dobbiamo costruircene di nostre.

Business Simulation e corsi tradizionali

Immaginiamo una classica situazione d’aula. Invitati a questo corso sono i commerciali di un’azienda. Riccardo è uno di questi, uno dei migliori venditori della rete. Si sveglia molto presto la mattina, si mette alla guida per raggiungere l’aula – ci sono un bel po’ di KM da percorrere, e la strada è sempre terribilmente trafficata. Per strada già imposta qualche mail quando gli capita, fa telefonate, gestisce richieste dei clienti più mattinieri, sapendo che le due giornate in aula gli tireranno via tempo prezioso per vendere. Arriva in aula, prende un posto, scorre la brochure che il docente ha preparato per lui. Vede scritti concetti come “vendita consulenziale”, “ascolto attivo”, “presentare in modo efficace”. Immediatamente la sua testa pensa “già visto, già fatto”. Sbuffa. Si mette a scrivere un’email dal cellulare, pensando che quel corso non è per lui.

Omini1

È una situazione familiare? Che effetto può avere questo corso su Riccardo? Molto limitato. Molti docenti scrollano le spalle e si dicono che “la porta dell’apprendimento è chiusa dall’interno: se Riccardo non ha voglia di mettersi in discussione, c’è poco che il docente possa fare!”

Questa affermazione può essere vera dal punto di vista del docente, ma in fase di progettazione qualcosa di diverso, per ingaggiare Riccardo, si può fare.

Immaginiamo ora che Riccardo arrivi in aula. Trova il suo posto, ma l’aula non è a ferro di cavallo; è disposta ad isole, con 4 sedie. Guarda in modo interrogativo il docente, che gli indica di scegliere pure uno qualsiasi dei tavoli di lavoro. Sul tavolo è riposto un tabellone che ricorda un gioco da tavola. Ci sono pedine, schede, talloncini. Il tabellone è personalizzato con i loghi della sua azienda. La guida, di primo acchito, sembra il manuale del Risiko, con una serie di regole su come aumentare di livello il proprio venditore, come spendere punti per incrementare le proprie statistiche di vendita. Certo, poi ci sono concetti come ascolto attivo e vendita consulenziale, ma l’attenzione di Riccardo è tutta sulle dinamiche del gioco.

Novità

Il primo obiettivo della business simulation è raggiunto: introdurre un elemento di novità. L’effetto “già visto, già sentito” che aveva colto Riccardo viene sospeso per un periodo di tempo. Per citare le parole di un partecipante Australiano, un venditore d’auto molto esperto (ora addirittura a capo dell’intera organizzazione commerciale che importa un noto brand di lusso automobilistico in Sud Africa),

“avevo già ovviamente trattato questi concetti in passato, ma visti sotto questa luce, con queste modalità, è tutta un’altra cosa. Ho capito davvero cosa si intendesse e come applicarli”.

Attenzione

Il corso inizia, e la curiosità resta alta. Dopo una breve introduzione, il docente inizia a spiegare le regole del gioco. L’obiettivo è vendere, per farlo ci sono alcune leve competitive: la capacità del venditore, la comprensione delle motivazioni d’acquisto del cliente. Riccardo ascolta, rapito ed un po’ confuso per la quantità di informazioni nuove. Pian piano inizia a capire che la simulazione non è altro che una resa ludica di ciò che fa tutti i giorni.

Decision base 3Si inizia a giocare. Arriva la pausa caffè. Il docente annuncia che c’è un coffee break predisposto per i partecipanti. Riccardo, che è in piedi a decidere la strategia d’attacco della clientela del gruppo rivale, e si è rimboccato le maniche, non alza nemmeno lo sguardo dal tabellone. “Aspetta, aspetta! Ora glielo prendiamo quel cliente, un attimo!”.

Come adulti siamo generalmente dotati un bassissimo span di attenzione: studi classici (Johnstone, Alex H., and Frederick Percival. “Attention breaks in lectures.”Education in chemistry 13.2 (1976): 49-50; ma anche David Cornish, Md, and Diane Dukette, in  The essential 20: twenty components of an excellent Health Care Team. Dorrance Publishing, 2009.) identificano lo span di attenzione medio di uno studente universitario, nell’ascoltare un docente che parla, attorno ai 15 minuti, dopo i quali la mente vaga invariabilmente; altre ricerche (Hartley, James, and Ivor K. Davies. “Note‐taking: A critical review.”Programmed Learning and Educational Technology 15.3 (1978): 207-224.) riducono questo tempo addirittura a 5 minuti.

In 8 ore di lezione, per due giorni, quanti cicli d’attenzione si alternano? Più di 130. Parlare per due giorni significa perdere l’attenzione di ogni singolo membro della platea circa 130 volte. Una didattica attiva, basata su cicli di apprendimento di Kolb e Lewin gestiti da facilitatori professionisti permettono di a arrivare a cicli dell’attenzione di anche 2 ore in seminari “tradizionali”, ma il risultato massimo si ottiene con un pieno ingaggio esperienziale dei partecipanti, con il classico effetto “non mi stacco finché non vinco”.

Competizione, divertimento

Il corso prosegue e Riccardo ed il suo team sono in un testa a testa feroce con il team avversario, “capitanato” da Francesca, collega con cui Riccardo ha una rivalità: si contendono spesso il premio di miglior venditore e la stessa cosa sta succedendo qui! Riccardo studia e ristudia il manuale, cerca strategie alternative per arrivare all’obiettivo prima – e meglio – di Francesca. Il corso finisce alle 18, ma sia lui sia Francesca si fermano una mezz’ora in più, prima di cena. Fanno fotografie al tabellone, “così di notte non vengono qui a cambiare le carte in tavola!”. A cena, non si parla d’altro che della simulazione e delle strategie per vincere.

Competizione e divertimento sono motivazioni potentissime, che tengono la mente sveglia e la forzano a stare attenta, a cercare le strategie per eccellere. Con la business simulation, entrambe sono stimolate ai massimi livelli.

Il momento “AHA!”

Ad intervalli prestabiliti, fra un anno e l’altro di gioco, il docente chiede ai partecipanti di interrompere la simulazione e ragionare su alcuni concetti, come per esempio le motivazioni d’acquisto del cliente oppure razionalizzare le strategie messe in atto. I gruppi partono dalla propria esperienza per tirar fuori i concetti necessari, confrontandosi tra di loro. Riccardo punta il dito verso il suo collega Carlo, un po’ più schivo. “AHA! Ma è vero! Lui l’aveva detto di non prendere quel cliente, non lo convinceva! E guarda, non ha pagato! Avremmo dovuto ascoltarlo”.

Business simulation Aha

Il momento “AHA!” è quel momento in cui nella testa del partecipante scatta un clic, si mettono a posto i pezzi del puzzle, si capisce un concetto che prima era solo teorico. “Ecco cosa significa…!” “Ah ma quindi è questo che succede se…” “Ah ma allora per ottenere X devo fare Y!”

Un gioco svolto a squadre permette di mettere più teste sullo stesso problema, con idee e strategie differenti, mettendo a fattor comune diversi momenti “AHA!”. Permette anche ai partecipanti più pacati e normalmente taciturni di esprimersi, nei gruppi da 4.

Buona parte dell’apprendimento nasce dal confronto fra queste idee ed esperienze, più che dall’adesione passiva ad un pur intelligente modello proposto da un pur geniale consulente. Inoltre, la simulazione ingenera un apprendimento emulativo, basato sull’osservazione, sul confronto e sul benchmark tra “vincenti” e “perdenti”.

La Macchina del Tempo

Arriva il pomeriggio del secondo giorno. I gruppi di lavoro hanno simulato il lavoro commerciale di 4 anni di attività. Fino alla metà del terzo anno il testa a testa era stato acceso, ma da lì il team di Francesca ha semplicemente preso il volo, portando a casa contratti su contratti ed assicurandosi la vittoria su quello di Riccardo. Alla domanda: “secondo voi perché?”, la risposta è “perché ha iniziato a fare prospezione e personal branding in modo sistematico a partire dal primo anno; noi (dice Riccardo) abbiamo iniziato solo a fine del secondo, pensavamo di avere tempo”.

La Business Simulation è una macchina del tempo. Permette di simulare l’impatto che decisioni prese in un dato momento avranno due, tre, quattro anni dopo. Mette l’accento sul fatto che strategie commerciali vincenti vanno costruite combinando risultati di breve periodo e semina di lungo. Come disse un altro partecipante, un manager in una grossa azienda di utilities,

“è come un Master in Direzione Aziendale, compresso in 2 giornate. Ho capito di più che in molti corsi dell’MBA”.

Alcuni esempi pratici

Facciamo alcuni esempi di come si può rendere simulato un processo formativo.

  1. Dobbiamo insegnare a dei Promotori Finanziari a gestire il proprio portafoglio clienti, i principi della segmentazione operativa e della fidelizzazione? Anziché spiegare, abbiamo costruito una simulazione di gestione portafoglio: a partire da 40 schede cliente, i Promotori devono analizzarle, identificare gli alti potenziali, gestire il tempo per ottenere in modo pianificato i risultati, sviluppare i segmenti di clientela più interessarli, difenderli daOmini3ll’attacco… e molto altro.
  2. Finance for non Financials? Anziché spiegare conto economico e Stato Patrimoniale con infinite slide (impossibili da ricordare, se non si ha un background finanziario forte!), prendiamo il controllo di un’azienda (semplificata) e “viviamo” in prima persona il flusso di cassa nel corso di più anni.
  3. Business Awareness? Gestiamo a gruppi un’azienda simulata, decidiamone le strategie, lavoriamo sul coordinamento delle divisioni di business, alleniamoci a prendere decisioni di business, in prima persona.
  4. Marketing strategico? Gestiamo il reparto marketing e vendite di un’azienda, scoprendo come lavorare sui concetti di posizionamento del brand, decidendo strategie commerciali e di marketing e vedendone gli impatti nel lungo periodo.
  5. Tecniche di vendita? Simuliamo una trattativa complessa, analizzando business case, con un unico obiettivo: vendere più degli avversari!

Questi sono solo alcuni esempi: quasi ogni processo formativo può essere reso business simulation, ma soprattutto personalizzato per le esigenze specifiche del cliente.

2017-11-05T19:09:50+00:00 By |0 Commenti

Scrivi un commento